Pubblichiamo la traduzione integrale dell’intervento di Peter Doshi docente dell’Università del Maryland e direttore associato del British Medical Journal. Un intervento molto critico nei confronti del sistema di controllo dei dati sui trial del vaccino contro il nuovo Coronavirus di Pfizer:
“Buongiorno, sono Peter Doshi, faccio parte della facoltà dell’università del Maryland e sono redattore del British Medical Journal (BMJ). Non ho conflitti di interesse e i miei commenti di oggi sono a titolo personale. Nella formazione di Farmacologia insegno un corso obbligatorio su come valutare criticamente la letteratura medica, formiamo gli studenti su come andare oltre un abstract e iniziare a discernere e valutare gli studi medici, non solo prendendoli così come arrivano. Impiegherò 5 minuti per spiegare come usare lo spirito critico. Sono rattristato di quanto siamo saturi, come società, del ‘lo sanno tutti che…’, che ha spento la curiosità intellettuale e ha portato all’autocensura. Quindi lasciatemi cominciare con alcuni esempi del ‘lo sanno tutti che…’ di cui non dovremmo essere così sicuri.
Lo sanno tutti che questa è una pandemia di non vaccinati, ma se i ricoveri e i decessi si verificassero solamente nei non vaccinati perché dovrebbero essere necessari richiami vaccinali? E perché le statistiche sono così diverse nel Regno Unito, dove la maggior parte dei ricoveri sono tra persone completamente vaccinate come ha detto il senatore Johnson?
C’è una disconnessione, qualcosa di curioso. C’è qualcosa che non fa quadrare i conti, e dovremmo chiederci tutti: è vero che questa è una pandemia di non vaccinati? che cosa vuol dire? Poi c’è questo (fa vedere un grafico): lo sanno tutti che i vaccini covid salvano le vite, infatti lo sappiamo dall’inizio del 2021, gli studi clinici l’hanno dimostrato. Come potete vedere in un articolo di febbraio del giornale dell’associazione medica americana. Ma è vero? Quando quella dichiarazione di funzionari pubblici sanitari è stata scritta c’era stata soltanto una morte tra i 70.000 partecipanti agli studi vaccinali Pfizer e Modera. Oggi abbiamo più dati, e potete vedere che c’erano numeri simili di decessi tra i vaccinati e placebo. Gli studi non hanno dimostrato una riduzione della mortalità, neanche per morti da covid. Al contrario con solo due morti nel gruppo placebo e una sola nel gruppo vaccinato. Non è che io sappia la verità su che cosa il vaccino possa o non possa fare, il punto è che quelli che avevano affermato che i vaccini fossero molto efficaci nel salvare vite, si sbagliavano. Gli studi non hanno dimostrato questo.
Ora parliamo di no-vax: lo sanno tutti che non devi dare credito a cosa gli antivaccinisti hanno da dire, ma cosa significa il termine? il dizionario webster dice che è un no-vax una persona che si oppone all’uso di vaccini o all’obbligo di vaccinazione. La prima parte della definizione era prevedibile, ma la seconda mi ha sbalordito. Ci sono interi paesi dal Regno Unito al Giappone che non impongono i vaccini per l’infanzia, e raggiungono alti livelli di vaccinazione senza alcun obbligo vaccinale. Non ci sono obblighi lì, e scommetto che una minoranza, o forse una grande maggioranza, della popolazione mondiale soddisfa la definizione data qui di no-vax. Un’altra definizione che vale la pena controllare è quella di vaccino. Io sono uno di quegli accademici che sostiene che tutti questi prodotti a mRNA, da tutti conosciuti come vaccini, sono qualitativamente diversi dai vaccini standard. E quindi sono sorpreso dal venire a sapere che lo stesso dizionario ha cambiato la definizione di vaccino del 2006 all’inizio di quest’anno: i prodotti a mRNA non soddisfano la definizione di vaccino ma è stata ampliata la definizione di vaccino in modo che questi ultimi ne fossero implementati. Lo sottolineo per fare una domanda: come potresti pensare di rendere obbligatori i vaccini per il covid, se non li avessi chiamati vaccini? E se queste iniezioni fossero chiamate farmaci invece?
Quindi ecco lo scenario: abbiamo questo farmaco, e abbiamo le prove che non previene l’infezione né ferma la trasmissione del virus, ma si ritiene che riduca il tuo rischio di ammalarti gravemente e morire di covid. Prenderesti questo farmaco ogni 6 mesi circa, per il resto della tua vita? Se è quello che vuoi affinché il farmaco resti efficace, non prenderesti questo farmaco per te stesso ma per un obbligo formativo, affinché tutti gli altri attorno a te prendano questo farmaco? Oppure diresti ‘aspetta un attimo, se questo è tutto quello che fa il farmaco perché non usare una medicina normale, di quella che prendiamo quando siamo malati e vogliamo stare meglio’? Perché renderlo obbligatorio?
Il punto è: solo perché chiamiamo una cosa vaccino, non dovremmo desumere che nuovi prodotti siano come tutti gli altri vaccini obbligatori dei bambini. Ogni prodotto è un prodotto diverso. Se alle persone va bene che venga imposto qualcosa solo perché ‘è un vaccino, abbiamo reso obbligatorio altri vaccini, perché non dovremmo rendere obbligatorio anche questo?’.
Penso sia il momento di iniettare un po’ di pensiero critico in questa conversazione e questo è quello che spero che riusciamo a fare qui oggi, grazie”.
LINDA WASTILA. UNIVERSITY OF MARYLAND:
“Voglio spendere qualche minuto per parlare della scienza della sicurezza dei vaccini. A meno che tu non abbia a che fare con una sostanza inerte, ogni prodotto ha effetti collaterali, e i vaccini covid-19 non fanno eccezione. Purtroppo il discorso pubblico sulla sicurezza di questi vaccini è stato semplificato da frasi che vogliono riassumere un pensiero complesso in una sola parola: sicuro. Il CDC afferma che milioni di persone hanno ricevuto il vaccino covid sotto il più intenso monitoraggio della sicurezza della storia degli Stati Uniti. L’impressione è che il sistema sia così finemente controllato e che possa trovare anche un ago in un pagliaio. Quindi se i funzionari non hanno trovato qualcosa significa che non deve essersi verificato. Temo che non sia così. Per prima cosa, i tempi per effettuare le ricerche e stabilire un danno sono lenti. Prendiamo la miocardite: ci sono voluti mesi per la campagna di vaccinazione in Israele per riconoscere questo effetto collaterale, nonostante il fatto che la miocardite colpisca a soli pochi giorni dalla somministrazione, in particolare dopo la seconda dose. Le persone quindi stavano sperimentando questi effetti collaterali da mesi, prima che i funzionari riconoscessero il vaccino come causa. Questo ritardo nel rilevare, cercare e riconoscere effetti collaterali è normale ed è devastante. I pazienti presenti qui oggi lo sanno, conoscono la devastazione in prima persona, ma è anche devastante perché non puoi usare quella conoscenza per prevenire danni alla prossima persona che sta per essere vaccinata. Rimango sbalordito quando sento le persone descrivere la miocardite come effetto collaterale accettabile, soprattutto per i giovani, perché la miocardite è un rischio per la vita ed ha un effetto invalidante. Negli Stati Uniti, 10.304 segnalazioni di miocardite sono state registrate nel VAERS. Di queste più del 20% è di età compresa tra 12 e 32 anni; se pensate che il rischio di miocardite non sia grave, considerate questo: la sottostima delle segnalazioni mandate al VAERS è una cosa seria, si pensa che solo dall’1 al 10% di tutti gli eventi avversi gravi da vaccino siano segnalati. E considerate anche questo: siamo passati ai booster, cioè la terza dose, nonostante i dati segnalino che il rischio di miocardite aumenti con l’aumento delle dosi. Ricordate che non conosciamo la prognosi a lungo termine di miocardite se il danno cardiaco è permanente. Perché non lo sappiamo? Il tempo: non abbiamo studiato abbastanza a lungo il problema; ci vuole tempo per discernere i problemi e tempo per comprenderli a pieno. La vaccinazione di massa priva di quel tempo prezioso. Parliamo ora di morti: al 25 ottobre il VAERS ha registrato negli stati uniti oltre 8.000 decessi dopo la vaccinazione. A livello globale abbiamo riscontrato più di 17.000 morti tra le persone vaccinate. Come può una persona pensante guardare questi dati e non chiedersi ‘cosa sta succedendo?’. I critici notano che il VAERS non consente di conoscere la causalità tra esposizioni e risultato. Infatti, fornisce solo segnali, i quali sono importanti, e necessità di indagini ulteriori sui decessi segnalati. La pagina web del CDC afferma: ‘una raccolta disponibile di segnalazioni cliniche, compresi gli attestati di morte, le autopsie e le cartelle cliniche, non hanno stabilito un nesso causale con i vaccini covid-19. Dove sono queste cartelle cliniche e referti autoptici? Sono stati pubblicati? O sono pubblicati solo sui siti del CDC e dell’FDA? Sono stati presentati alle riunioni dei regolatori? In realtà una richiesta formale al CDC per avere informazioni sul followup di vari eventi gravi ha confermato la mancanza di procedure per la verifica delle cartelle cliniche, delle autopsie e della verifica dei certificati di morte, come anche per la verifica dei decessi segnalati nel VAERS. Il nostro procedimento è in contrasto con quello norvegese, dove l’Agenzia Norvegese per i Medicinali ha richiesto una revisione indipendente di specialisti geriatrici dei primi 100 decessi verificati dopo la vaccinazione. Dopo un’approfondita analisi, hanno trovato il 36% di decessi probabili, forse dovuti alla vaccinazione. Questi sono dati vitali, ma la cosa più importante che questo studio dimostra è che questo processo dovrebbe già essere implementato qui. Ma non lo è. Stiamo prendendo decisioni critiche nell’ambito della vaccinazione di massa, nelle popolazioni vulnerabili, sulla base di pochi o nessun dato. Nell’incontro della FDA, quello sulla richiesta di Pfizer per i bambini tra i 5 e gli 11 anni, il membro del comitato, caporedattore del New England Journal of Medicine, Erik Rubin, ha decretato la scarsità di dati sulla sicurezza pediatrica affermando: “non avremo i dati finche non inizieremo ad usare questo vaccino”. I nostri figli sono i dati. Qual è lo scopo del VAERS e degli altri sistemi di farmaco-vigilanza se abbiamo obblighi? Allora perché fare una sorveglianza post-marketing? Il motivo non può essere quello di raccogliere più informazioni per fare una scelta personale informata, perché, con gli obblighi, la decisione sulla vaccinazione è già stata presa per noi dai governi, dalle scuole, dai datori di lavoro. Dove la miocardite si verifica in 1 giovane su 500, o anche 1 su 10.000, è discutibile costringere le persone a scegliere se fare il vaccino o perdere il posto di lavoro ed essere marginato dalla società? Esiste una soglia segreta per interrompere gli obblighi? Chi decide? Qual è il quadro dove prendono decisioni? Non è immunità naturale e non è di certo l’immunità di gregge. Chi decide qual è il livello di rischio accettabile per negare ad una persona di decidere per se stessa cosa entra nel suo corpo? L’intero punto della farmaco vigilanza è fornire segnali che stimolino uno studio approfondito, per informare meglio le decisioni mediche. Gli obblighi e il lancio precipitoso di questi vaccini, dove gli individui non possono essere informati perché già vaccinati, mina l’intero scopo di qualsiasi sistema di sicurezza sui vaccini. Grazie”.
Peter Doshi:
“Proseguo il discorso del dott. Heli, e sottolineo solo il punto della trasparenza sui dati. Il dott. Heli ha detto che ciò che è nel cofano degli studi clinici Pfizer non è scienza ma solo affari. Io ho analizzato gli studi clinici sponsorizzati dall’industria per più di un decennio, e tendo ad essere d’accordo con il dott. Heli: il business e il marketing spesso sembrano guidare le cose. Nel mio caso è successo dieci anni fa, nel mezzo di un’altra pandemia, l’influenza suina. Per quattro anni abbiamo combattuto per accedere ai dati della sperimentazione clinica del farmaco Tamiflu; invece di un articolo di giornale di 8 pagine che parlava di una sperimentazione clinica volevamo le mille pagine che parlavano di studio interno aziendale. Documenti che sapevamo fossero sotto la linea di galleggiamento. Il fatto che i dati del Tamiflu fossero inaccessibili è stato uno shock anche per i redattori di riviste mediche. Ho ragionevolmente pensato da allora che i dati siano fondamentali per il processo scientifico. Sicuramente devono essere disponibili, ma non lo erano per il Tamiflu, e non lo sono oggi per i vaccini covid. Infatti se siete interessati ad analizzare i dati di Pfizer, dovrete aspettare fino a maggio 2025 anche solo per richiedere tali dati. Per Moderna, hanno recentemente detto che i dati potrebbero essere disponibili con pubblicazione dei risultati finali dello studio per il 2022, e poiché il processo dovrebbe andare avanti fino ad ottobre 2022, probabilmente stiamo parlando di fine 2022. Quindi si, il processo ancora non è terminato. E si, medici e ricercatori che vogliono vedere i dati della sperimentazione clinica dovranno aspettare un altro anno prima di ottenere l’accesso. Per Johnson e Johnson provate a luglio prossimo. Se non eravate a conoscenza che i dati non erano accessibili, forse è perché pochi operatori sanitari e ricercatori sono abituati a condurre un’attività indipendente di revisione dei dati grezzi. Quindi ci sono poche proteste quando tali dati sono inaccessibili. Allora mentre ci viene detto che quello che dobbiamo continuare a seguire è la scienza, quello che stiamo seguendo non è un processo scientifico basato sui dati aperti. Ma stiamo parlando di un processo i cui dati vengono tenuti segreti, e ci vedo qualcosa di molto poco scientifico riguardo questo. Temevo saremo finiti in questa situazione perché la segretezza dei dati, mi dispiace dirlo, è lo status quo. Nel 2015 l’istituto di medicina ha pubblicato uno studio di consenso che chiede che la condivisione dei dati diventi la norma, non l’eccezione. Ma non è cambiato abbastanza. Lo scorso agosto, prima di avere i risultati da uno qualsiasi degli studi cardine sui vaccini anti-covid, sono stato coautore di un articolo con il dott. Heli dove diciamo ai clinici e alle società professionali che è necessario dichiarare in anticipo che non approveranno trattamenti o vaccini a meno che non vi sia completa trasparenza dei dati. Il punto che sto cercando di dire è abbastanza semplice: i dati sui vaccini anti-covid non sono disponibili, e non lo saranno per anni. Eppure non stiamo solo chiedendo, ma stiamo obbligando milioni di persone a prendere questi prodotti. Qualunque sia la parole che vogliate usare per descrivere tale situazione, senza dati quella parola non è ‘scienza’
Peter Doshi
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