La caduta del muro di Berlino e la conseguente dissoluzione dell’Unione Sovietica, avvenuta esattamente un mese e mezzo prima della firma in Europa del Trattato di Maastricht, aveva fatto venire meno tutte le preoccupazioni degli apparati americani circa un possibile avvicinamento del nostro paese ai comunisti dell’URSS, una ossessione che era alla base di tutti i principali eventi che hanno destabilizzato il nostro paese in quegli anni. Ma anche il motivo per cui gli apparati statunitensi avevano favorito un boom economico nel nostro paese, ben consapevoli che un’Italia in crisi ed impoverita, sarebbe finita senza dubbio nelle mani dei comunisti. Per questo studiarono la formula vincente per il nostro paese: un ruolo di primo piano nella comunità economica europea senza però rinunciare alla nostra sovranità monetaria e quindi potendo puntare sul Made in Italy nel mondo. Scongiurato il pericolo sovietico, quel boom andava interrotto, evitando che le conquiste sociali e salariali, le conquiste democratiche, le rivendicazioni dei lavoratori impedissero la concentrazione di potere in mano a quel Cartello finanziario internazionale che aveva progettato la creazione dell’Unione Europa per poter contare su istituzioni eterodirette e su popoli in crisi permanente e quindi facilmente manipolabili. Per farlo servivano immediatamente nuovi vincoli e definitive cessioni di sovranità a partire da quella monetaria. Quelli che appunto portano il nome di vincoli di Maastricht.
Bisognava riprendere sotto il proprio giogo paesi come l’Italia e convincere i suoi principali competitor europei ad accettare una moneta unica in modo che i governi europei diventassero facilmente controllabili. Bisognava farlo in fretta. Serrare le fila. Per questo il 7 Febbraio 1992 viene firmato il Trattato di Maastricht. Il declino ha inizio.
M quella firma non bastava. Da quel momento doveva iniziare un lungo processo fatto di cessioni di sovranità che sarebbe culminato con l’entrata nell’euro. La classe politica che aveva guidato il paese fino a quel 1992 non si era dimostrata prona ad eseguire i diktat provenienti dalla finanza internazionale. Aveva dimostrato il proprio orgoglio nazionale e la propria fermezza nella tutela delle sovranità in più occasioni, anche in situazioni estreme. Ricordiamo che nel 1985 Craxi a Sigonella costrinse gli americani alla resa, rifiutando le richieste del presidente americano Reagan, con i nostri carabinieri che puntarono le armi contro i marines statunitensi che quella sovranità erano stati chiamati a violarla per ordine del loro presidente, poi costretto dal nostro presidente del Consiglio ad una umiliante retromarcia. Quel Craxi che tenne gli americani con il fiato sospeso anche nella trattativa per gli euromissili da installare nel nostro paese in funzione antisovietica. Craxi che parlava dell’Unione Europea come qualcosa che “per noi nel migliore dei casi sarà un limbo ma nel peggiore dei casi sarà un inferno” e che suggeriva di “pretendere la rinegoziazione dei trattati di Maastricht perché se l’Italia ha bisogno dell’Europa è vero che l’Europa ha più bisogno dell’Italia”.
Un euroscetticismo che lui amava chiamare europessimismo che però non gli impedì di avere un ruolo da protagonista nelle principali vicende europee. Lo stesso Craxi, si era reso protagonista durante il Consiglio europeo di Milano del 1985, sotto la presidenza italiana, della convocazione di una conferenza intergovernativa che portò alla firma dell’atto unico europeo, operativo dal 1987 e finalizzato al completamento del mercato interno che ben gestito, avrebbe potuto favorire l’incremento dell’offerta di beni e servizi, dando centralità all’Italia per la sua posizione nel cuore del Mediterraneo. Un progetto che Craxi assecondò fin quando non si rese conto che la reale finalità era invece quella di deindustrializzare il nostro paese, per fargli perdere competitività in favore di altri paesi europei. Il tutto con la regia delle oligarchie finanziare internazionali: “Questa Europa è diventata un miraggio – diceva Craxi- tutti ne parlano ma nessuno dice di cosa si tratta”.
Sicuramente – secondo il leader del Partito Socialista – la “nuova Europa non può essere soltanto il frutto di una mera operazione di ingegneria istituzionale”.
Lo stesso Craxi che qualche anno dopo quell’auspicio arrivò a presagire che:
“Ciò che si profila è un’Europa in preda alla disoccupazione e alla conflittualità sociale. “Un’Europa in cui la competitività si farà sempre più diretta e più aggressiva e quindi andrebbero tutelati i ruoli, le peculiarità e le sovranità di ogni singola nazione perché affidare effetti taumaturgici e miracolose resurrezioni alla moneta unica, è una fantastica illusione che i fatti e le realtà economiche non tarderanno a mettere in chiaro”
Ed è per questo che il leader socialista pretendeva la rinegoziazione di Maastricht dopo aver inteso la piega che avrebbe preso, ribadendo in proposito che “ i parametri di Maastricht non si compongono di regole divine. Non stanno scritti nella Bibbia, non sono un’appendice ai dieci comandamenti”.
Il 7 ottobre 1985, l’“Achille Lauro”, nave ammiraglia dell’omonima flotta, stava effettuando una crociera nel Mediterraneo. Si trovava a 10 miglia dalle coste egiziane, con a bordo 400 persone, fra passeggeri e membri dell’equipaggio. La maggior parte dei croceristi aveva scelto di visitare Il Cairo e sarebbe rientrata solo in serata.
Alle 13,25 quattro militanti del Fronte per la liberazione della Palestina (FLP) si impadronirono della nave e presero in ostaggio equipaggio e passeggeri, dichiarando che li avrebbero uccisi ad uno ad uno, se non fossero stati liberati 52 palestinesi prigionieri in Israele.
Il governo italiano, presieduto dal socialista Bettino Craxi, in un primo momento valutò l’opzione militare, ma ritenne più opportuno percorrere la strada diplomatica, trovando un alleato in Yasser Arafat, il capo dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina ( Olp).
Arafat negò che l’Olp avesse a che fare con il dirottamento e propose a Craxi due mediatori: Abu Abbas e Hami El Hassan, che raggiunsero l’Achille Lauro. Intanto, le autorità egiziane assicurarono un salvacondotto ai terroristi, in cambio della salvezza degli ostaggi.
Fra l’8 e il 9 ottobre, i mediatori raggiunsero l’obiettivo: il commando rinunciò all’azione terroristica. Secondo gli accordi presi fra l’Olp e il governo del Cairo, i quattro membri dell’ Flp, insieme ai mediatori di Arafat, furono fatti salire su di una motovedetta egiziana, con l’assicurazione che avrebbero potuto recarsi in Tunisia, dove allora aveva sede il Fronte per la liberazione della Palestina.
Nel frattempo, l’11 ottobre, dall’“Achille Lauro” giunse la notizia che l’8 ottobre i quattro membri del FLP avevano ucciso e gettato in mare Leon Klinghoffer, un cittadino statunitense disabile di religione ebraica.
A questo puntoil presidente Reagan, volendo catturare i responsabili di un atto terroristico e dell’assassinio di un cittadino americano, decise di ignorare quegli accordi che anche l’Italia aveva avallato: il Boeing dell’Egyptair, che stava portando a Tunisi i quattro dirottatori ed i membri dell’Olp, fu intercettato da aerei militari USA all’altezza del canale di Sicilia.
Alle 23,57 dell’11 ottobre 1985, l’ammiraglio Fulvio Martini, direttore del SISMI, il servizio segreto militare, riceve una telefonata dal presidente del Consiglio.
Craxi lo informa che gli Usa gli hanno chiesto di autorizzare, all’aeroporto militare di Sigonella, l’atterraggio di un Boeing egiziano, dirottato da aerei F24 statunitensi sul Canale di Sicilia.
Martini prima tenta di contattare, senza successo, sia il ministro della Difesa, Spadolini, che i capi di stato maggiore della difesa e dell’aereonautica, poi dà ilvia libera all’operazione.
Il Boeing atterra a Sigonella alle 00,15 del 12 ottobre e subito viene circondato da soldati italiani, dalla VAM ( Vigilanza aereonautica militare) e dai carabinieri.
Il presidente del Consiglio intende difendere la sovranità nazionale prendendo in consegna il commando e facendo rispettare il patto con i palestinesi, patto grazie al quale Mubarak, il premier egiziano, aveva ottenuto il rilascio dell’Achille Lauro.
Per questo dà disposizione di non far avvicinare i militari USA. Le complicate trattative fra Craxi e Reagan hanno inizio.
Poco dopo le 00,15 del 12 ottobre, a Sigonella atterrano due 141 Usa, da cui scendono i militari della Delta Force, guidati dal generale Steiner. Armi in pugno, le forze Usa circondano gli italiani disposti intorno all’aereo egiziano, con l’obiettivo di fare prigionieri i quattro palestinesi, insieme a Hami El Assan e Abu Abbas, ritenuto il vero capo del commando.
I militari ed i carabinieri italiani, rispettando le direttive del governo, rimangono fermi sulle loro posizioni. Il comandante generale dei carabinieri, Riccardo Bisognero, schiera anche alcuni blindati.
Comincia un teso confronto fra il generale Steiner, che parla con i suoi superiori USA via satellite, e l’ammiraglio Martini, che si arrangia come può con la rete telefonica della Sip.
Il confronto si risolve alle 5,30, quando gli americani abbandonano il campo.
La polizia italiana arresta i 4 palestinesi dirottatori, mentre Martini, arrivato a Sigonella, comincia le trattative con gli egiziani rimasti a bordo dell’aereo.
Come poteva il Cartello finanziario internazionale, che stava finalmente realizzando il proprio piano di dominio sugli stati europei, lasciare che politici del genere fossero quelli chiamati a guidare il paese verso le cessioni di sovranità indispensabili per l’attuazione del loro piano. Craxi non fu certo l’unico esponente della classe politica di quegli anni che si sarebbe opposto. Se analizziamo i resoconti delle sedute parlamentari alla vigilia del Trattato di Maastricht troviamo la piena consapevolezza di quelle che noi oggi conosciamo come le conseguenze nefaste dei vincoli europei che si stavano firmando.
Una classe politica andava eliminata per favorire i passi a cui sarebbero stati chiamati i paesi per l’applicazione del trattato di Maastricht.
Analizziamo nuovamente le date perché ci dicono molto più di mille parole:
Il 26 Dicembre del 1991 si dissolve l’Unione Sovietica.
Meno di un mese e mezzo dopo il 7 Febbraio del 1992 viene firmato il Trattato di Maastricht.
Dieci giorni dopo il 17 Febbraio del 1992 scoppia Tangentopoli.
Colpo di Stato fu, e non solo giudiziario: la matrice di Tangentopoli fu anche politica. Si basò, secondo Ferdinando Cionti, autore del libro “Colpo di Stato” sul patto d”acciaio fra il Pool di Mani Pulite e un partito dai molti nomi: Pci/Pds/Ds/Pd. Ferdinando Cionti a suo tempo era stato incaricato da Craxi di verificare se la Procura di Milano, nei giorni convulsi di Tangentopoli, avesse commesso illegalità
Secondo la sua analisi Borrelli, Di Pietro & C. erano responsabili di una serie di illegalità, tra le quali ripetute violazioni dell’articolo 289 del codice penale (attentato contro gli organi costituzionali). In particolare avevano fatto cadere la nomina di Bettino Craxi a presidente del Consiglio: al vertice dello Stato, Scalfaro, informato dai giudici di Mani Pulite, aveva preso atto delle indagini segrete in corso e aveva ripiegato su Giuliano Amato. Ne conseguiva che un pubblico ministero aveva condotto indagini illegittime contro Craxi, interferendo nella nomina del Presidente del Consiglio, scavalcando l’esito delle elezioni, il Parlamento, e limitando lo stesso potere del Presidente come riportato in un articolo del giornale dal titolo: “Così nacque il patto segreto che legò i giudici alla sinistra” nel quale si analizzano i punti salienti della tesi esposta dal giurista nel suo libro secondo cui “era Craxi, il nemico pubblico numero uno del partito dei giudici, ancor più da quando il Psi si era schierato a favore della responsabilità civile dei magistrati.”
Ecco le conclusioni di Cionti: il Pool guidato dal procuratore Borrelli aveva bisogno di un alleato per ottenere l’abolizione dell’immunità parlamentare e sanare a posteriori i più gravi reati commessi. Questo alleato fu l’allora Pds, mortalmente minacciato dal crollo dell’Urss, e disposto ad accordarsi con Craxi pur di entrare nell’Internazionale socialista. Temendo che il suo disegno egemonico ne venisse bloccato, il Pool offrì al partito di Occhetto la distruzione di Craxi e del Psi, in modo che il Pds potesse prenderne il posto. Ecco il motivo dell’annullamento all’ultimo momento, da parte dei post-comunisti, del documento che avrebbe dovuto sancire nel 1992 «l’intesa fra tutte le forze di progresso», cioè l’alleanza col Psi. Ecco perché l’inchiesta riguardò solo esponenti marginali o miglioristi del Pds. E perché le migliaia di manifestanti spontanei in favore di Mani Pulite e contro Craxi furono quasi tutti militanti di quel partito. E come mai, in seguito ai segnali intermittenti e inquietanti che aveva ricevuto dai giudici su quel che stava accadendo, ci furono le improvvise dimissioni di Cossiga dal Quirinale. Su questo sfondo si legge lo svuotamento della autorizzazione a procedere e la nascita del patto d’acciaio fra sinistra e partito dei giudici, ormai inossidabile. Così cambiavano i rapporti tra i poteri dello Stato, poiché parlamento e governo risultavano subordinati al potere coercitivo della magistratura. E poiché il potere coercitivo è l’essenza della sovranità, veniva attuato un vero e proprio colpo di Stato – conclude l’autore del saggio.
Ovviamente nulla di tutto questo sarebbe stato possibile senza il via libera ed il successivo sostegno di chi aveva interesse a smantellare quella classe politica e a vendicarsi per l’operato di leader troppo indipendenti.
Ma la storia è ciclica. Se nel 1992 l’Italia non serviva più in funzione antisovietica a causa della fine della prima guerra fredda. Nel 2021 l’Italia torna indispensabile in funzione anti cinese per l’inizio della nuova guerra fredda. Serve una classe politica sovranista capace di pretendere nuove condizioni per un boom economico. Abbiamo un peso determinante nel conflitto in atto tra le due superpotenze. Tutto quello che serve è una classe politica libera di poter imporre le nostre condizioni.
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