Non sarà Mario Draghi il futuro Presidente del Consiglio tecnico in Italia, come sento dire in questi giorni da più parti e come in passato ho sostenuto io stesso.
Non ci sono più le condizioni perché ciò possa accadere. Chi arriva oggi a capo dell’Esecutivo in Italia, senza passare per le elezioni, è consapevole che è soltanto una questione di tempo prima che venga travolto dal ciclone Salvini.
Il governo tecnico, infatti, è da sempre un governo imposto dal Cartello finanziario europeo per far sì che porti avanti delle misure fortemente impopolari ai danni dei popoli sotto dettatura dei burocrati europei.
È un governo che dura generalmente molto poco, proprio per la sua impopolarità. Il Presidente del Consiglio scelto viene sacrificato sull’altare del Cartello finanziario internazionale che però lo ricompenserà con incarichi europei o nelle grandi banche.
Come è accaduto con Monti; come è accaduto con Enrico Letta che oggi vive in Francia e come è accaduto con Gentiloni che oggi è Commissario europeo a Bruxelles.
Non può essere il caso di Mario Draghi. I tecnici designati, sono sempre state figure di molto meno spessore o comunque meno note. Che accettano di prestarsi a questo gioco in cambio di incarichi internazionali.
Mario Draghi è ancora alla guida della principale istituzione europea, la Bce, anche se non più formalmente.
Christine Lagarde che l’ha sostituito è un suo delfino, una indispensabile controfigura. A muovere le fila sarà sempre Draghi in qualità di esponente del Gruppo dei 30 di cui fa parte e che racchiude il nucleo decisionale di tutto ciò che avviene in Europa in ambito bancario e finanziario.
Perché dovrebbe esporsi alla Presidenza del Consiglio in Italia per portare avanti quelle decisioni impopolari che può tranquillamente imporre da dietro le quinte come già fece nel 2011.
È palese che sia la Presidenza della Repubblica ad essere destinata a Draghi. Non la Presidenza del Consiglio. È al Colle che il Cartello finanziario europeo ha bisogno, da sempre, di avere un proprio uomo di riferimento. Anche al costo di rinnovare per ben due volte lo stesso Presidente della Repubblica come accadde con Napolitano, dopo che fallì l’elezione di Romano Prodi.
Ed è proprio questo che noi dovremmo evitare anche al costo di fare le barricate.
Non possiamo permettere che diventi il garante della nostra Costituzione, il membro di spicco di quelle banche che scrivono che la nostra Costituzione andrebbe stracciata perché troppo socialista, come hanno riportano nero su bianco JP Morgan e Goldman Sachs dalla quale proviene Draghi.
Non possiamo permettere che a salvaguardare la nostra Repubblica dall’aggressività dei mercati sia il membro di quel Gruppo dei 30 che ha pubblicato le linee guida per la deregolamentazione dei derivati, che si sono dimostrati delle armi finanziarie di distruzione di massa. Basta andare sul sito del Gruppo dei 30 e scaricare il report dal titolo “derivatives, practicle and principles” per capire di cosa sto parlando.
Magari facessero l’errore di proporre Draghi in questo momento alla Presidenza del Consiglio tecnico dove si brucerebbe in 6 mesi e non gli resterebbe che aspirare a qualche cattedra in Francia.
Facciamo attenzione a non guardare nella direzione sbagliata. Draghi lo stanno preparando per la Presidenza della Repubblica. Ed è lì che noi dovremmo farci trovare pronti a fare le barricate. Chi appoggia questa ipotesi non è soltanto favorevole alla presa di potere della finanza ma è un nemico giurato della Repubblica Italiana.
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